Si fa strada tra macchia mediterranea, boschi, pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli e raggiunge, ormai fuoco vivo e implacabile, animali indifesi e ignari.
E come in un disegno malvagio e inutile, le fiamme, approfittando del caldo estremo e dello scirocco incontrollabile, si dedicano ad anarchiche battaglie distruttive. Ettari ed ettari di terreno inceneriti da fuochi determinati, tenaci e incattiviti.
Povere pernici, poveri picchi, poiane, falchi e gufi e pecore, mucche e cavalli.
E poveri rettili, lepri, ricci e cinghiali.
Che strazio! Che tristezza!
Una ferita in fondo al cuore!
Santu Lussurgiu proteggici! “Avevo una ferita in fondo al cuore, la sentivo, la sentivo bruciare, ma non volevo soffrire”, dice la voce di Nada, calda come quelle fiamme. “Passo dopo passo, la ferita era sempre lì. Continuavo a sentirla. Allora mi sono messa a correre tra montagne, fiumi, laghi, ma la ferita stava sempre lì. Ho scavato, aperto, dilaniato, lacerato, sanguinato: il cuore si gonfia, diventa una palla, diventa una forza che spacca milioni di ombre nell’aria limpida che nasconde malvagità. Ho così preso, toccato, guardato la ferita e col tempo l’ho ricucita. Ora è un ricamo in fondo al cuore”.
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