mercoledì 8 novembre 2023

Fondazione Merz: Inaugurata la nuova mostra di Khalil Rabah

Inaugurata presso la Fondazione Merz di Torino, il nuovo progetto espositivo dell’artista Khalil Rabah (Gerusalemme, 1961) intitolato Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind, a cura di Claudia Gioia.






Per la prima volta a Torino, Khalil Rabah realizza appositamente per gli spazi della Fondazione Merz una nuova edizione del Palestinian Museum of Natural History and Humankind, il progetto nomade e in continua evoluzione che l’artista ha inaugurato nel 2003 e portato avanti sino a oggi, presentandolo in diversi luoghi come Istanbul, Amsterdam, Londra, New York, Roma, Atene e Sharjah.

Spiega Claudia Gioia, curatrice della mostra: “Il Palestinian Museum of Natural History and Humankind è un museo in costruzione che prende forma all’interno dello spazio che lo ospita, dove il visitatore, attraverso testimonianze ed indizi, può sperimentare il tentativo dell’artista di ricucire un racconto capace di immaginare nuove relazioni con quanto ci circonda. La collezione si articola seguendo planimetrie immaginarie o reali, arricchendosi di immagini in movimento, fotografie, piccole sculture, contenitori di olio ed espositori davanti cui fermarsi, per cercare quello che la storia non ha ancora detto, o ha detto male e deve essere raccontato di nuovo.

Ecco dunque che il Museo diventa cosìun interrogativo e il simbolo di come la cultura possa contribuire a riscrivere la storia. L’istituzione ideata da Khalil Rabah prende le mosse dal legame con la Palestina ma progressivamente assume un respiro globale, che guarda a tematiche molto ampie come quelle dei flussi migratori e delle identità culturali. In questo senso, la stessa Collezione del museo si compone di opere che l’artista modifica ed integra quali testimonianze in divenire rispetto ad una realtà invece statica.

Le pareti accolgono i vuoti lasciati dalle figure umane ritagliate che animano Acampamento Vila Nova Palestina (2017), visualizzando il senso di precarietà ed esilio che sottende alla condizione di rifugiato in tutto il Mondo. Funge da contraltare l’opera 50320 Names (2006-17), un registro di 50320 edifici storici di 420 villaggi i cui proprietari non sono mai stati registrati ufficialmente in ragione delle politiche catastali in uso alla fine del XIX Secolo. Le geografie frammentate della West Bank, della Striscia di Gaza, della Palestina e del Mar Morto si alternano a fisionomie di pelli animali in Common Geographies (2018-21), costruendo un’analogia tra territori conquistati e prede di caccia presentate come fossero trofei. A terra si trovano scaffali impilati Recovered (2018), in attesa di essere montati e riempiti di chissà cosa, oppure di essere svuotati.

Il genere umano e natura sono il focus del museo e, in questa edizione del PMNHH, il visitatore intraprende un viaggio dove l’arte è mezzo di liberazione dai disegni del potere e dove gli olivi, simbolo della cultura Mediterranea ed elemento ricorrente della mostra, trasmettono un senso di rinascita e vittoria sul deserto arido delle politiche internazionali.

Il percorso del museo si conclude con il neon rosso Act III: Molding (2012) che recita la frase “In this issue: Statement concerning the institutional history of the museum” (qui si parla della storia istituzionale del museo), accompagnato dal grande archivio consultabile In this iusse. Act I: Painting (2011), che riunisce tutte le attività del museo per raccontare il lavoro di tessitura di relazioni e significati e riaffermare l’attitudine Internazionale di un museo che tradisce la musealizzazione, intesa come pietra tombale sulla storia e sui contenuti.

Per Maggiori Informazioni: www.fondazionemerz.com