La prima cosa che si impara non è l’atto, ma il gesto dell’atto. L’abito è la sua idea, ma nell’indossarlo il corpo la uccide. Enigma irrisolto quello dell’omicidio. Unico compiacimento, l’autocommiserazione dell’assassino. Un punto di domanda sui trench, pistole, indizi, stampati e ricamati ovunque a contrasto nero su bianco, fluo su grigio fumo. Le linee si spezzano creando asimmetrie con cui giacche e maglie, abiti e robe manteau giocano ad allacciarsi e annodarsi. O ancora diventano ambienti su completi cinturati e giacche boxy, piantine dettagliate della scena del crimine con complessi jacquard in cui le tonalità del lilla predominano tra beige rosati e cammello. L’ambiguità tra le possibilità genera il mistero, svelando gli attori come i sei personaggi coinvolti nel dramma, maschere escritte dalla stilista di presunti indiziati, icone del Fashion Business. Il gioco incede tra i boot bicolore bianco/nero, rosso/nero, abbinati alla mantella in crepe a ruota, al soprabito dark con tracce del delitto floccate in rosso, ai completi jacquard blu notte, giacca quilted e pantalone a vita alta.
“…Cosa porta in viaggio una modella?”, celato in una borsa in pelle body shaped? Resta sulla scena la vittima, osservando come dall’alto il suo ineluttabile destino. Pulserà ancora quel suo cuore in maglia intarsiata fluo e viola sotto cui risalta a grandi lettere, Francesca Liberatore?
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Informazioni: www.francescaliberatore.it