
Dallo scrigno delle memorie e passioni personali trae i riferimenti che allestiscono lo scenario: nell’amata cinematografia trova il Film “Picnic a Hanging Rock” in cui s’inebria dell’innocente candore femminile delle tuniche virginali d’inizio ‘900, nella fantasia dei miti evocativo di Riyoko Ikeda scorge i personaggi che indossano l’ambiguità di genere nelle vesti da cavaliere di fine ‘700.
Tutti gli elementi imbastiscono il racconto di una nuova ricerca di bellezza che si apre oltre le distinzioni sessuali e sboccia in raffinate composizioni attuali. Di capo in capo, tutta la Collezione compone l’armonia di un guardaroba trasversale: le epoche si mescolano nell’incontro atemporale, i rimandi maschili e femminili si contrappongono nell’interno lavorato con minuzia e si celebrano nell’esterno sensuale che accoglie le identità sartoriali.
Avvolta nella
segretezza interiore degli abiti, si compie la trasformazione. Il
dualismo avviene nelle giacche, che nate dalla costruzione maschile
s’ammorbidiscono nella grazia femminile: come ne “Il Cavaliere”
in cui la struttura solida è tranciata in due e poi raccolta dalla
gentilezza del macro-volant in macramé arricciato; come ne “Il
Conte di Fersen” dove il laccetto è l’indizio del corsetto
cucito sulla schiena per plasmare la silhouette armoniosa. Si
manifesta nella contraddizione del volume gonfio di quella che sembra
una gonna, ma cela la verità maschile del macro-pantalone con la
patta dal taglio stondato.
S’indovina nelle impunture, nei
plastron in canapé, nelle elasticature a nido d’ape accucciate nei
lati nascosti degli abiti e nei sotto-manica: particolari sottratti
alla divise maschili di epoche passate, insieme agli intarsi che
richiamano le fasce della scherma e la necessità di abbracciare il
petto per proteggerlo, fino a nasconderlo in un’austerità di
facciata che si scioglie nel fascino del retro profondamente
scollato.
I tessuti utilizzati vengono dalla natura, alcuni hanno origine eco-sostenibile, tutti rafforzano l’intenzione di disegnare una nuova eleganza quotidiana: cotoni puri e misti al lino, sete comasche, mikado, voile leggerissimi, la juta grezza delle doppie baschine e del sottocollo lavorato a mano in frange che si muovono in una danza esotica; il denim dei jeans di una volta smontati e riassemblati nel completo de “Il Cacciatore”; il cotone ricamato con minuti trafori floreali che sembra pizzo; la tundra di seta che nella sua rigida ruvidezza sorregge l’ampiezza nobile delle gonne, come in “Maria Antonietta”. Alla stessa intenzione partecipano i colori: il candore del bianco si mischia alla corda e si contrasta col nero profondo, il lime tenue delle pareti di Versailles s’accorda al geranio fluorescente.
La presenza dell’arte di Romeo Gigli si deposita come essenza viva, sottile, preziosa, attraverso le trame dell’ispirazione e i gesti della lavorazione: compare nella forma di tulipano che plasma le gonne, e nei gilet minuti che puntellano gli outfit; guida la meraviglia delle pieghe che danno vita alle camicie come in “Origami”; riporta dal passato l’iconica giacca-cappa con abbottonatura maschile reinterpretata nella schiettezza del lino-seta lavato; instilla le atmosfere storiche immaginifiche abitate da donne che dalle visioni preraffaellita e bizantina risalgono a suggestioni ancestrali del Mondo.
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Informazioni: www.romeogigli.it


