Dal
16 Febbraio al 23 Giugno 2019 Palazzo Sarcinelli di Conegliano
inaugura la stagione espositiva con la mostra “I Ciardi. Paesaggi e
giardini” promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre
Venezie, il secondo appuntamento del ciclo dedicato al paesaggio
nella pittura Veneta tra ‘800 e ‘900, inaugurato nel 2018 con la
retrospettiva “Teodoro Wolf Ferrari. La modernità del
paesaggio”. Curata da Giandomenico Romanelli con Franca Lugato
e Stefano Zampieri, l’esposizione è dedicata a una delle più
affermate “famiglie” di artisti Veneti di quel periodo: i Ciardi.
In una fase di grandi cambiamenti della pittura, sempre più orientata verso lo studio dal vero o en plein air della realtà, Guglielmo (Venezia, 1842-1917) e i figli Beppe (Venezia, 1875-Quinto di Treviso, 1932) ed Emma (Venezia, 1879-1933) assumono un ruolo di protagonisti assoluti della scena artistica Veneziana, Italiana ed Internazionale, partecipando alle Biennali di Venezia e ai più importanti appuntamenti espositivi Nazionali, avendo anche una buona visibilità all’estero.
La
mostra è composta da 60 opere che rappresentan la natura e il
paesaggio Veneto. I prestiti provengono da alcune istituzioni
pubbliche come l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di
Venezia, Casa Cavazzini Museo di Arte Moderna e Contemporanea di
Udine e la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro
di Venezia, con un nucleo significativo di dipinti finora conservati
nei depositi ed esposti al pubblico dopo circa vent’anni, oltre che
da collezioni private.
Ci
si immerge nella mostra con il focus sugli esordi di Guglielmo
ancora influenzato dalla tradizione paesaggistica ottocentesca come
si può vedere dal precocissimo e inedito dipinto del
1859 Paesaggio fluviale, per proseguire con gli anni
trascorsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di
Domenico Bresolin (Padova, 1813 - Venezia, 1899) e l’importanza che
assumerà il paesaggio dell’entroterra veneto nella sua ricerca
artistica. Atmosfere campestri e “acquitrini” lungo il Sile ma
altresì paesaggi pedemontani e dolomitici costituiscono filoni
originali e per certi versi trascurati della produzione dell’autore.
I prolungati soggiorni attorno a Quinto di Treviso, Fonzaso, Asiago,
San Martino di Castrozza gli avevano consentito d’instaurare un
dialogo intimo con le caratteristiche specifiche di questi luoghi
dell’infanzia e della memoria, permettendogli di ritrarli con rara
profondità e continuità.
Si
prosegue con la seconda sezione dedicata al lavoro di Emma,
instancabile pittrice e viaggiatrice apprezzata a livello
internazionale, cultrice della tradizione del vedutismo Veneziano,
capace di rielaborare le esperienze macchiaiole, impressioniste e
tardo impressioniste con un’originale chiave espressiva. Si chiede
con l' opera di Beppe, presentata sotto una luce nuova che
vuole mettere in evidenza la modernità e gli accenti simbolisti
dell’autore, il quale, pur nella fedeltà alla poetica paterna,
introduce elementi più tipicamente novecenteschi fino a dar spazio a
una visione personale del paesaggio. Nonostante le evidenti analogie
con la produzione di Guglielmo, opportunamente segnalate in mostra, è
evidente l’attrazione verso il simbolismo nordico e la fascinazione
per l’opera di Böcklin. Nella sua pittura si afferma via via,
oltre a una presenza pacata di animali e pastori, la centralità
della figura umana che, grazie alla lezione di Ettore Tito, talora si
emancipa fino a prevalere sul paesaggio.
Per
Maggiori Informazioni: www.mostraciardi.it