Le
calzature “Made in Italy” attraggono i mercati esteri: nei primi
sei mesi del 2019 l’export Italiano del comparto ha registrato un
significativo +7,1% in valore (il prezzo medio ha raggiunto la cifra
di 47,55 euro/paio, +8,2%).
Il dato emerge dal report sull’Industria Calzaturiera Italiana - Primo Semestre 2019 - elaborato dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici. La fotografia scattata dalla nota congiunturale rileva come, malgrado la performance delle esportazioni, persistano nello scenario attuale alcune difficoltà dovute in primis alla cronica debolezza dei consumi interni che, già provati da un decennio di lenta erosione, hanno registrato nella prima metà dell’anno in corso un intensificarsi della contrazione degli acquisti delle famiglie (-3,7% in quantità, con trend ben più severi per il dettaglio tradizionale).
A
questo quadro va ad aggiungersi un panorama di incertezze dovute alle
situazioni internazionali: dal probabile protrarsi di tensioni
commerciali e venti protezionistici, al rallentamento di
significative economie (Cina e Germania su tutte), alla mancata
ripartenza di mercati di fondamentale importanza per alcuni distretti
calzaturieri. Basti pensare alla Russia che, dopo la battuta
d’arresto del 2018, registra nuovamente cali superiori al 15%),
fino alle incognite su tempi e modalità della Brexit, col pericolo
“no deal” sempre incombente.
"Per superare questo momento non facile è necessario investire su noi stessi e sulle nostre competenze - afferma Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici - È fondamentale formare nuove figure professionali in grado di innovare le aziende del calzaturiero Made in Italy e coniugarsi al meglio con la nostra tradizione e gli standard di eccellenza che caratterizzano la nostra produzione. La formazione, affiancata da mirate strategie di internazionalizzazione e da importanti iniziative fieristiche tra cui il Micam, è la risposta concreta con cui possiamo avviare un processo di rilancio del calzaturiero italiano e confermarne il primato nel mondo. Un settore fondamentale per la nostra economia e che può far da volano all’intero sistema Paese".
"Per superare questo momento non facile è necessario investire su noi stessi e sulle nostre competenze - afferma Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici - È fondamentale formare nuove figure professionali in grado di innovare le aziende del calzaturiero Made in Italy e coniugarsi al meglio con la nostra tradizione e gli standard di eccellenza che caratterizzano la nostra produzione. La formazione, affiancata da mirate strategie di internazionalizzazione e da importanti iniziative fieristiche tra cui il Micam, è la risposta concreta con cui possiamo avviare un processo di rilancio del calzaturiero italiano e confermarne il primato nel mondo. Un settore fondamentale per la nostra economia e che può far da volano all’intero sistema Paese".
L’evoluzione
nel complesso premiante delle vendite estero - che ha spinto
l’attivo del saldo commerciale dei primi 6 mesi ad un
consolidamento significativo (+10,7%) - nasconde in realtà
un’ampia eterogeneità di performance aziendali, che vede la
presenza accanto ai brillanti risultati realizzati da molte
griffe internazionali del lusso cui diverse aziende fanno da terzista
(come dimostrano le crescite rilevanti dei flussi verso la Svizzera,
tradizionale hub logistico-distributivo dei grandi brand, e verso la
Francia) di un numero non trascurabile di imprese che, in un
contesto così complesso, ancora stentano ad invertire la rotta e ad
intraprendere dinamiche favorevoli. Non mancano mercati in espansione
(Nord America e Far East segnano aumenti a doppia cifra in valore),
ma l’incremento risulta spesso accompagnato da contrazioni in
volume (prossime al -4% per USA e Canada; più contenute, -1,1%, per
i Paesi dell’Estremo Oriente, con il Giappone in affanno).
Nel
dettaglio, la produzione è scesa del -2,3% in volume, dato che
nelle aziende più piccole del campione intervistato (sotto i 15
milioni di fatturato) si attesta sul -4,5%, mentre sul
piano dei consumi interni l’unico comparto in salute è quello
delle scarpe sportive/sneakers (+0,8% quantità e +2,9% in valore), a
fronte di un calo sensibile delle calzature “classiche” per uomo
e donna (rispettivamente del -9,5% e del -8,3% in volume). Per quanto
riguarda i canali di vendita, continua l’incremento dell’online
(+10,3% in volume e +17,3% in spesa), che ha coperto l’11% in
quantità del totale acquisti del semestre, mentre sono in sofferenza
il dettaglio tradizionale (-11% le paia vendute, con una diminuzione
prossima al 16% in spesa) e l’ambulantato (flessioni attorno al
-14%).
Sul
fronte occupazionale, prosegue il calo nel numero di aziende e
nella forza lavoro del settore: il primo semestre 2019 ha
chiuso con un saldo di -119 calzaturifici (tra industria e
artigianato), pari al -2,6%, e -492 addetti (-0,7%) su dicembre 2018.
Gli arretramenti si fanno ancor più pesanti considerando, oltre ai
calzaturifici, i produttori di componentistica (-75 aziende e -493
addetti): nell’insieme, dunque, -194 imprese e -985 addetti
rispetto a fine 2018. A livello geografico, saldi
negativi nel numero di aziende per tutte le sette
principali regioni calzaturiere, con la sola eccezione della
Lombardia (+13 unità); quanto al numero di addetti, una crescita per
Toscana (+117 lavoratori) e Puglia. Le Marche (come già nel 2018)
sono la regione con i saldi negativi più marcati, sia nelle unità
produttive (-95) che negli addetti (-1.164). Il Veneto chiude invece
la prima metà dell’anno con un calo di 30 aziende, tra
calzaturifici e componentistica, e con un saldo contenuto nei livelli
occupazionali (-20 addetti rispetto a fine 2018).
Il
numero di imprese attive di Emilia Romagna e Campania si contrae,
rispettivamente, di 12 e 6 unità, con la perdita di 149 e 128
addetti. 57 i lavoratori in meno in Lombardia (-0,8%). Infine,
le ore di cassa integrazione autorizzate per le imprese della filiera
pelle sono salite nei primi 6 mesi del +27,1%, sfiorando
i 4 milioni di ore.
Per
Maggiori Informazioni: www.assocalzaturifici.it